Sanremo 2020, il pagellone della prima serata | EFFE RADIO

Sanremo 2020, il pagellone della prima serata

Scritto da il 05/02/2020

Look, melodia, testo, presenza sul palco: Sanremo scatena un po’ in ognuno di noi il desiderio di esprimere giudizi e sentenze, elogi e anatemi. E, ovviamente, voti. Come fossimo davanti a un film, o alla performance atletica di un calciatore. Nulla come il Festival della canzone italiana riesce a catalizzare l’attenzione nazional-popolare, coi suoi momenti di poderoso imbarazzo, i suoi finti scandali e il suo incedere macchinoso e pachidermico. Possiamo noi sottrarci al giochino? Assolutamente no. E, allora, spazio – e lunga vita – al nostro ragionato e indiscutibile pagellone della prima serata.

IRENE GRANDI – VOTO: 5 ½

Siamo un po’ fuori tempo massimo, ma si apprezza la tenacia. Pezzo scritto ancora da Vasco, attitudine da rocker consumata. Ma manca un po’ di convinzione e grinta. Si può dare di più.

MARCO MASINI – VOTO: 5

Eternamente uguale a se stesso, dopo il restyling di qualche anno fa. Misurato, composto, educato. Un po’ inutile, a voler essere del tutto sinceri: con questa canzone ci si aspettava forse altro.

RITA PAVONE – VOTO: 6

Alla faccia delle vecchie glorie che ritornano a Sanremo copiando sempre e per sempre loro stesse, Rita Pavone la butta sul rock, fa decollare la voce e, in buona sintesi, stupisce. Peccato per il testo vuoto, e per il titolo orrendo.

ACHILLE LAURO – VOTO: 10

Monumento vivente alla provocazione, Achille Lauro arriva in tunica nera. Poi si spoglia, e resta in tutina trasparente. Giustamente se ne frega: contro le convenzioni, contro le discriminazioni, contro il perbenismo. Un po’ anche contro se stesso. Costruito? Probabilmente. Efficace? Al 100%.

DIODATO – VOTO: 5 ½

Grande studio e dedizione, indiscutibile professionalità. Il Premio della Critica è già lì pronto, dietro l’angolo. Manca, e alla lunga diventa un problema, un po’ di anima in più. È tranquillità, certo. Che può essere facilmente presa per noia.

LE VIBRAZIONI – VOTO: 4

Essere totalmente incapaci di rinnovarsi: ecco, probabilmente, il peggior difetto per un gruppo/cantante/artista. Difetto incarnato alla perfezione da Le Vibrazioni, che sono fermi immobili ai primi anni 2000 di Dedicato a te, abbigliamento compreso.

ANASTASIO – VOTO: 6

Un giorno il giocattolino si romperà, ma per ora gli va ancora liscia. Anastasio continua per l’ennesima volta a cantare la sua rabbia, in rime ossessivo-paranoiche. L’arma vincente è l’innesto di rock ed elettronica. Funziona. Premi in vista.

ELODIE – VOTO: 7 ½

Un congegno ad orologeria, in cui tutto straordinariamente funziona. Dalla presenza strafottente e sensuale di Elodie alla scrittura ammaliante di Mahmood e Dardust. Elegante, e al contempo fuori dagli schemi.

BUGO E MORGAN – VOTO: 6 ½

Si divertono, e non si può non volergli bene. Soprattutto a Morgan, musicista sopraffino che ha smarrito la voce da almeno un lustro. Ma anche un po’ a Bugo, del tutto privo di presenza scenica ma con un curriculum che parla da sé. Spiace per la generale e immeritata sottovalutazione.

ALBERTO URSO – VOTO: 3

Un giorno ci libereremo della lirica in chiave pop, e quel giorno il mondo sarà un posto migliore. Nel frattempo ci teniamo Alberto Urso, col suo sguardo terrorizzato e il suo testo retorico e debolissimo. Pesce totalmente fuor d’acqua #1.

RIKI – VOTO: 3

Pesce totalmente fuor d’acqua #2. Non si capisce francamente come una canzone del genere possa essere stata scelta: pre-adolescenziale, vecchia di almeno 20 anni e interpretata oltretutto in modo incredibilmente “trasparente”. Il suo pubblico di riferimento esattamente quale sarebbe?

RAPHAEL GUALAZZI – VOTO: 5 ½

Gualazzi porta sempre sul palco una discreta quota di timidezza (leggasi disagio), che in fondo fa parte del personaggio. Si va però a rischio schizofrenia: inizio classico e successiva esplosione caraibica, sguardo intenso e sorrisi inquietanti. Aiuto.

AMADEUS – VOTO: 6 ½

In modo intelligente e scaltro decide di non lasciarsi andare ad alcun personalismo di sorta. Si fa aiutare da Fiorello, sta al gioco e governa il palco con grande naturalezza. Il festival è lungo, ma l’approccio è buono.

FIORELLO – VOTO: 7

Il suo ruolo, almeno nella prima serata, è dichiaratamente quello di dare una mano ad Amadeus, in un cammino di riabilitazione che durerà fino a sabato compreso. Istrionismi limitati, ed è un complimento: sa che non è (ancora) il momento di mettersi al centro.

TIZIANO FERRO – VOTO: 6 ½

Di Tiziano apprezziamo anzitutto l’umiltà, la capacità di non rendere la sua presenza un evento che spazzi via tutto il resto. È l’asso nella manica del festival. Che, speriamo, non venga calato troppo spesso.

RULA JEBREAL – VOTO: 8

«Chiedetevi come erano vestite le donne a Sanremo, ma non chiedete mai più come era vestita chi è stata stuprata». Presenza di peso, raffinata e necessaria. Scaglia un paio di dardi su Amadeus, che sorride e chiosa. Un peccato non possa essere presente ad ogni serata.

DILETTA LEOTTA – VOTO: 6

Al di là del monologo sulla nonna, scritto da un autore in evidente stato confusionale, Diletta Leotta tiene il palco e cresce anche alla distanza, acquistando sicurezza e disinvoltura. La rivedremo nella quinta e ultima serata, in cui forse capiremo se oltre al compitino c’è qualcosa di più.

Filippo Zoratti


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